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L’età dell’oro

 

Difficile immaginare oggi, nelle nostre società dei consumi, i negozi vuoti e le lunghe code per ottenere i generi di prima necessità – malgrado questi siano garantiti dal programma economico dello Stato, tanto che  sono riportati  nelle tessere annonarie. Per le nostre società occidentali sono cose di cui abbiamo soltanto sentito parlare dai nonni, quando ci raccontavano della guerra. Per altri paesi invece si tratta di un passato ancora molto vicino. Con un certo senso dell’umorismo, in Romania la propaganda del regime aveva perfino ribattezzato il periodo più duro l’Età dell’Oro…

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La vera storia della festa degli innamorati

 

Che cosa possono avere in comune un fauno impudico, un Papa determinato, un poeta del Trecento e i soldati americani?

Un indizio: non è una barzelletta.

La storia incomincia nella Roma imperiale. Verso la fine dell’inverno i lupi si avvicinano pericolosamente agli ovili che circondano la città in cerca di cibo. La popolazione, terrorizzata, sacrifica allora qualche ariete e qualche cane a Luperco, vago dio rurale poi identificato con Pan, perché faccia arrivare la primavera e allontani le fiere. Con le pelli degli animali sacrificati si preparano delle fruste con cui alcuni giovani in vesti discinte colpiscono le matrone (piuttosto consenzienti) che hanno inseguito nei boschi.

Lasciandosi frustare le romane, infatti, pensano di  aumentare le loro possibilità di garantire una discendenza ai loro mariti

Tutto ciò si celebra allegramente tra  13 ed il 15 febbraio, annaffiato da copiose quantità di vino come è d’uso nella capitale dell’Impero.

All’arrivo del Cristianesimo, quando i papi successivi cercano di mettere ordine nella pletora di feste pagane,  i Lupercali, considerati tutto sommato abbastanza innocenti, resistono ancora per un po’. A tirare loro il collo penserà alla fine del V Secolo il papa Gelasio I che li sostituirà con festeggiamenti in onore di due santi oscuri martirizzati il  14 febbraio : Valentino da Terni e Valentino da Roma – che probabilmente sono poi la stessa persona. Si narra che il primo sia stato decapitato a 97 anni perché aveva disobbedito al divieto di celebrare matrimoni tra donne romane ed i soldati che stavano per partire in guerra, facendo così infuriare l’imperatore Claudio il Gotico, e che il secondo avesse subito il martirio perché, sebbene fosse stato affidato alla custodia di un patrizio affinché smettesse di predicare, aveva continuato a farlo e perfino fatto ritrovare la vista alla figlia del suo carceriere, alla quale alla fine aveva anche lasciato un biglietto d’addio firmandosi “il tuo Valentino”.

Sono ritenuti protettori dei giovani, degli apicoltori, della verginità prenuziale,  garanti di un fidanzamento e di un matrimonio felice e perfino capaci di tenere lontane la follia, l’epilessia e la peste.

Il poeta inglese Geoffrey Chaucer, autore del Parlamento degli UccelliLa storia di San Valentino è incominciata, ma bisognerà aspettare il poeta inglese  Geoffrey Chaucher (1340-1400 circa) ed il suo Parlamento degli Uccelli per trovare il primo poema che possa essere ufficialmente collegato alla festa. Egli vi celebra la rinascita della primavera, simbolizzata dalla ricerca, da parte degli essere viventi – in questo caso gli uccelli – di un compagno con cui costruire il nido ed assicurarsi una discendenza.

A quei tempi, la sera prima della festa o addirittura la mattina stessa, gli inglesi hanno la consuetudine di formare coppie di giovani che si scambiano biglietti o regalini. L’uso s’imbarca sul Mayflower insieme ai Padri Fondatori, cresce e si amplifica nel fertile terreno d’Oltreoceano per poi ritornare in Europa con i vincitori della II Guerra Mondiale insieme ai jeans ed al jazz (ed alla pennicillina).

Dalla Germania occupata dalle forze alleate la festa di San Valentino – sempre più commerciale – si diffonde nel resto dell’Europa e nel mondo, suscitando reazioni diverse e a volte contrarie: in Arabia Saudita, per esempio, è semplicemente vietata ed è proibito vendere qualsiasi cosa la ricordi, come dolci a forma di cuore o rose rosse. Il Giappone offre l’occasione di regalare cioccolatini all’uomo dei propri sogni che, un mese dopo (se ha gradito) ricambierà con un regalo impeccabilmente bianco in occasione del White Day. Per i single o gli innamorati respinti hanno perfino inventato un successivo Black Day in cui è tradizione mangiare noodles e fagioli neri.

Nei Carpazi la festa della primavera era celebrata una decina di giorni più tardi. Dopo un periodo di oblio, negli ultimi giorni sembra riaffacciarsi, sebbene non sia certo che i giovani americanizzati ne conoscano ancora il vero significato.

Narra la leggenda che l’imperatore Traiano fosse rimasto folgorato dalla bellezza di Dochia (o Eudochia, o Odochia), figlia del re dei Daci Decebalo, impegnato a lottare contro l’invasione romana.  La giovane fuggì a Nord con le sue greggi, rifugiandosi sul monte Ceahlau. Molti anni dopo suo figlio Dragobete (o Dragomir) che era bello quanto Apollo ed Eros insieme prese moglie all’insaputa della madre. Si era alla fine dell’inverno. Furiosa, la vecchia Dochia diede alla nuora un gomitolo di lana nero di sporcizia, ingiungendole di lavarlo nel fiume gelato e di non tornare finché non fosse nuovamente immacolato.

La giovane sposa strofinò tanto a lungo nell’acqua gelata da avere le mani in sangue, ma la lana continuava a non ridiventare bianca. Vedendola disperata, Gesù le comparve davanti e le diede un fiore rosso, dicendole di servirsene per sbiancare il gomitolo; infatti avvenne il miracolo e nelle sue mani la lana si fece candida come la neve che copriva il paesaggio.

La pietra di Baba Dochia sul Monte Ceahlau

Baba Dochia credette che Gesù fosse in realtà un amante che aveva offerto alla nuora un fiore sbocciato nei campi; se nei campi c’erano i fiori era quindi giunto il momento di portare le pecore al pascolo. Invece era ancora inverno e il gelo ammantava ogni cosa anche se Dochia non lo sentiva per lo sforzo del cammino; così, dopo essersi sbarazzata dei suoi dodici mantelli, morì di freddo e fu trasformata in pietra insieme alle greggi.

La leggenda non dice se Dragobete e la sua sposa vissero felici ed ebbero molti figli come in qualsiasi fiaba che si rispetti. Quel che è certo è che il suo nome è rimasto nella memoria delle popolazioni carpatiche per indicare il momento in cui la natura incomincia a risvegliarsi, gli animali si scelgono un compagno e gli uccelli costruiscono il nido. Come loro, anche gli esseri umani cercano la loro anima gemella.

Alla festa di Dragobete i ragazzi andavano nei campi alla ricerca di fiori da regalare alle ragazze del villaggio che li seguivano da lontano. Vedendoli correre verso di loro con il loro raccolto queste fuggivano verso le loro case con più o meno convinzione, a seconda della loro inclinazione per il giovane che le inseguiva.  I ragazzi che riuscivano a raggiungere la loro bella la baciavano e, se lei era d’accordo, il fidanzamento veniva annunciato al villaggio ed alle famiglie. Tutti i giovani che partecipavano all’evento potevano aspettarsi di trovare l’anima gemella entro l’anno, mentre gli altri erano destinati a rimanere single fino all’anno successivo.

La festa di Dragobete, come quella di San Valentino prima dell’avvento della società dei consumi, erano ben diverse dalla celebrazione della coppia come l’intendiamo adesso. Celebravano invece il ritorno della primavera, la vita che ricomincia e la continuità della specie.

 

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Capra e cavoli

 

Cavoli, soprattutto.

Perché di loro si parla, oltre che di riso.

E di foglie di vite. Spesso anche di carne. E magari di altri ingredienti, come uvetta, pinoli, erbe.

Si tratta di cucinare tutti insieme, in famiglia, stufando tutto quanto pazientemente, a lungo.

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Constantin Brancusi

 

Avrà fatto caldo quel 14 luglio 1905, mentre il treno entrava nella Gare de l’Est di Parigi. Constantin Brancusi, indebolito da una polmonite che l’aveva inchiodato a un letto dell’ospedale di Lunéville per diversi giorni, aveva deciso di concludere in ferrovia il viaggio incominciato oltre un anno prima, a piedi, in un momento di rabbia.

Non che non intendesse andare a Parigi – anzi! Per finanziarsi il viaggio ha perfino accettato una commessa delle autorità di Bucarest: il busto di un generale medico che a tutt’oggi resta l’unico suo monumento pubblico nella capitale rumena.  

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Tantissimi auguri di un 2018 sereno!

S’inizia un anno nuovo: a ciascuno di noi porterà certamente il suo carico di novità – alcune positive, altre, purtroppo, meno.

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Cucina organizzata: la spesa

Non c’è nessun mistero: il tempo è denaro e va usato con giudizio. Proprio per questo l’organizzazione in cucina è essenziale. Come fare dunque con la spesa per mangiare bene senza impegnarsi ogni giorno in ore di preparazione o rimanere con il portafoglio vuoto?

Nella cucina quotidiana si è spesso tentati di prendere qualche scorciatoia , abbreviando o evitando di preparare la cena con il ricorso a piatti pronti o a verdure confezionate, già lavate e tagliate.

Di per sé non c’è beninteso niente di male (a parte il costo ed il fatto che non è ben chiaro che cosa ci sia effettivamente in queste preparazioni, e che l’imballaggio contribuisce ad aumentare la quantità di rifiuti che non soltanto costano un occhio della testa, ma che oltre tutto inquinano il pianeta – inquinamento che è causa del cambiamento climatico che stiamo vivendo e ci fa spendere più del dovuto per la nostra salute).

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Virginia Zeani – l’Assoluta

Uscendo da un concorso di canto in una cittadina di provincia un gruppetto di giurati si reca in un ristorante per una cena tardiva. Alfredo, oscuro cameriere con la passione della musica, si fa in quattro per servirli. I giurati lo coinvolgono nella conversazione e non appena vengono a sapere che è il suo compleanno  Virginia Zeani e Joan Sutherland fanno un brindisi cantando insieme “Amami, Alfredo”.

E’ facile immaginare l’emozione dell’uomo di fronte a due dei maggiori soprani dell’epoca che cantano per lui.

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La patata – dall’altopiano andino ai rilievi europei

Se il naso di Cleopatra fosse stato più corto sarebbe cambiata l’intera faccia della Terra.

 

Che cosa hanno in comune quest’aforisma di Blaise Pascal e un gratin di patate?

 

A dire il vero parrebbero non avere proprio nulla in comune; ma che cosa sarebbe cambiato, per esempio, se Edoardo VIII avesse ottenuto dal Papa l’autorizzazione a divorziare da Caterina d’Aragona per sposare Anna Bolena? Ebbene, non ci sarebbe stato nessuno scisma anglicano e di conseguenza nessuna rivolta del Prayer Book nel Devon, cosicché l’agricoltore Edmund Drake sarebbe tranquillamente rimasto nel Devonshire invece di scappare nel Kent con la famiglia e mandare il primogenito Francis a fare l’apprendista dal suo nuovo vicino, capitano di nave.

 

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Acquacotta

Acquacotta – un nome poco attraente (chi vorrebbe ordinare dell’acqua bollita al ristorante? – che in realtà nasconde una minestra nutriente ed appetitosa.

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Ana Aslan e il Gerovital

Ana Aslan. Questo nome ha conquistato il mondo negli anni Cinquanta, quando questa dottoressa rumena ha pubblicato i risultati dei suoi studi sull’utilizzo della procaina accoppiata a stabilizzatori per ostacolare l’invecchiamento.

Si trattava del Gérovital, che in quegli anni di crescita e di speranza si ritrova nelle vetrine di tutte le farmacie occidentali. Ritenuto una vera e propria fontana della giovinezza, per una ventina di anni se lo contendono i grandi del mondo (sembra che alle cure di Aslan si siano affidati tra l’altro J.F.Kennedy, Claudia Cardinale, Marlene Dietrich, il generale de Gaulle, Ibn al Saud, Salvador Dalì molti altri). La guerra fredda e gli interessi delle multinazionali farmaceutici hanno poi finito  per schiacciare il prodotto rumeno.