Chi non ha mai sognato di trovare una scorciatoia per raggiungere i propri obiettivi? Oltre ad essere una cosa normale, è tutt’altro che nuova. Nel Medioevo la Marca di Saluzzo, nel Nord dell’Italia, svolge un ruolo indispensabile nell’equilibrio di un’Europa che cerca di liberarsi dall’influsso del Papa asservito all’imperatore del Sacro Romano Impero.
A cavallo tra le odierne nazioni d’Italia e Francia, la marca condivide le montagne che la circondano con il Delfinato e la Provenza, da cui importa tessuti e cavalli in cambio di prodotti della terra – olio di noci, vino, canapa, riso – e, soprattutto, il sale estratto dalla laguna di Berre, nei pressi di Marsiglia.
Gli scambi commerciali possono avvenire soltanto in estate, durante il breve periodo in cui il colle delle Traversette è libero dalla neve. A quasi 3000 m di quota è un colle pericoloso, che reclama ogni anno un tributo di vite umane. Per questo i mercanti preferiscono passare dal Moncenisio, che però si trova nel ducato di Savoia ed allunga la strada di settimane.
Nel 1479 il marchese di Saluzzo Ludovico II del Vasto decide di far scavare una galleria un po’ più in basso, a 2882 metri di quota, per rendere la strada più sicura ed allungare di qualche settimana il periodo in cui è possibile attraversare le montagne. Il passaggio servirà anche per drenare il flusso commerciale che passa dal colle del Moncenisio, che mette in comunicazione la Francia con i territori del Conte di Torino, e facilitarsi la fuga in caso di crisi con i vicini. Chiamata «buco del Viso», con i suoi 77 metri di lunghezza e una larghezza che consente il passaggio di un mulo col basto, la galleria abbrevia di diversi giorni la strada rispetto a quella che passa dal Moncenisio e permette di intensificare gli scambi commerciali aumentando i relativi introiti (dal 1482 transitano per la gabella 20.000 sacchi di sale all’anno) per oltre un secolo, ossia fino a quando, nel 1601 la marca di Saluzzo non viene incorporata nel ducato di Savoia. Proprio da qui, pochi anni dopo, Ludovico II riesce a sfuggire ai suoi avversari rifugiandosi in Provenza, ed è per questa via che entrano in Italia il re di Francia Carlo VIII con artiglieria e cavalli, Luigi XII e perfino Francesco I – con il suo esercito al seguito per il quale bisognerà ampliare le vie d’accesso – intenzionato ad affrontare l’imperatore Carlo V.
Se il buco del Viso è la prima galleria alpina della storia non è però il solo record del Piemonte in materia di tunnel: proprio in quello che fu il Regno di Sardegna furono aperte infatti nel 1853 la prima galleria ferroviaria sulla nuova linea che collegava Torino a Genova e nel 1882 la prima galleria stradale alpina (il tunnel di Tenda, destinato ancora a carrozze ed animali poiché le automobili non erano ancora in produzione). In epoca più recente è ancora in Piemonte che viene aperto il primo traforo internazionale stradale, che dal 1964 unisce l’Italia alla Svizzera, il sud dell’Europa al Nord.
I 12 km della galleria ferroviaria del Moncenisio, sotto il colle del Frejus, erano stati scavati con l’aiuto di un “marciavanti mobile” inventato dal franco-anglo-statunitense Marc Isambard Brunel a protezione degli operai e, soprattutto, con l’aiuto della perforatrice ad aria compressa brevettata un paio d’anni prima dal savoiardo Germano Sommelier (che fu anche direttore dei lavori); il buco del Viso, invece, fu scavato completamente a maino e, potendo lavorare soltanto in estate, i lavori, coordinati dai due ingegneri locali Martino di Albano e Baldassarre di Alpeasco durarono due anni
Durante i mesi in cui si poteva lavorare è probabile che gli operai arricchissero le pappe di miglio o di grano saraceno che costituivano la base dell’alimentazione di tutti i montanari con i formaggi di latte di pecora o delle mucche dal mantello color sabbia che pascolavano sulle alture durante la stagione calda. I discendenti di quei formaggi sono ancora prodoti oggi e le loro produzioni artigianali sono oggetto di interesse crescente.