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Convenience food…

 

Capita a tutti di uscire tardi dal lavoro e di non avere voglia di cucinare. Non sempre si può andare al ristorante, ma qual è il problema? Basta passare in gastronomia e il gioco è fatto. Arriviamo a casa con una vaschetta di insalata russa e due porzioni di lasagne (a meno che non ci siao lasciati tentare dai sushi o dal cuscus) e anche per stasera abbiamo sfangato il pranzo.

Sebbene il piatto preparato dalla gastronomia o dalla grande industria alimentare sia raramente all’altezza delle aspettative, resta comunque una soluzione di facilità per le volte in cui ci manca il coraggio o la voglia, e spesso ci resta soltanto il tempo di fare un salto al supermercato vicino a casa. Ma come facevano i nostri vecchi che dovevano accontentarsi di quello che avevano in dispensa?

 

Un po’ di storia

 

Innanzi tutto – se mai lo aveste pensato – non avevano molto più tempo di noi. Dai nobili ai braccianti, la giornata incominciava presto e finiva spesso tardi. Senza macchinari né elettrodomestici, senza prodotti industriali, il lavoro era tanto e faticoso e richiedeva cibo nutriente, preparato per forza di cose con i prodotti di stagione. Per quanto possibile bisognava anche fare in fretta, visto che le lunghe preparazioni erano riservate alla domenica e ai giorni di festa, o ai signori che potevano permettersi del personale di cucina.

Proprio da qui nasce l’esigenza del convenience food, piatto pronto o quasi che permette di portare il cibo in tavola in poco tempo. Nessuno sa chi per primo abbia trasformato degli alimenti in modo da accelerare la preparazione del pasto o consumarli tali e quali: il suo nome, se mai ne aveva uno, si perde nella notte dei tempi. Il primo alimento trasformato è probabilmente il pane che basta sfregare con uno spicchio d’aglio e condire con l’olio per farne uno spuntino da mangiare nei campi, ma che serve anche per ispessire le zuppe; seguono i formaggi, le conserve di verdura che passano direttamente dalla dispensa alla tavola e tutto ciò che può essere ricotto e trasformato di giorno in giorno, come la ribollita toscana o il cassoulet occitano,

Nelle fiere dove si acquistano i prodotti essenziali che non si è in grado di produrre in casa alcuni mercanti si mettono un giorno a vendere ciambelle, frittelle ed altre preparazioni da consumare sul posto o portare a casa, e che permettono di variare una dieta spesso monotona, di conoscere alimenti sconosciuti o di imparare a trattare in modo diverso i cibi locali. La concentrazione delle abitazioni nei centri urbani( in cui raramente si disponeva di forni privati e a malapena si poteva tenere qualche gallina) fa nascere degli artigiani del cibo, per esempio panettieri e macellai, che incominciano a vendere le torte dolci e salate o carni arrostite che nell’economia rurale erano preparate in casa: nasce così il convenience food.

 

Polli arrosto
Polli arrosto

Fino alla fine del Settecento però queste preparazioni restano artigianali e devono essere consumate in fretta perché mancano le tecniche di conservazione. Sarà il francese Nicolas Appert che si renderà conto della possibilità di conservare gli alimenti mettendoli in boccali di vetro e sterilizzandoli, mentre  in Olanda già da alcuni anni esistono piccole conserverie che vendono pesce salato, affumicato e conservato in olio o burro.* Oggi le tecniche moderne di conservazione degli alimenti – dall’appertizzazione alla pastorizzazione alla refrigerazione alla surgelazione – hanno trasformato gli artigiani di un tempo in industrie in grado di fornirci dalle lasagne alle polpette svedesi passando per il pad-thai o la moambe. Possiamo riempire il congelatore di torte salate e dolci o di pesce in salsa, tenere in dispensa miscele per budini o torte paradiso  al cioccolato o acquistare insalate pronte da mettere in tavola e perfino uova sode e sgusciate. L’USDA, l’ente americano che si occupa della sicurezza alimentare, ha constatato che il numero di famiglie in cui si cucina (e si consumano i pasti in comune) è in continuo calo ed ha stabilito che per “cucinare” s’intende ormai anche soltanto l’apertura di un sacchetto di insalata con l’aggiunta di qualche altra derrata.

Alcuni anni fa un conoscente americano raccontava che durante le vacanze passate in USA era andato a fare la spesa al supermercato. Mentre aspettava il suo turno alla cassa una donna stava pagando con i buoni pasto dell’assistenza un  carrello pieno di piatti pronti surgelati, lamentandosi del caro vita e delle difficoltà che incontrava per far quadrare il bilancio da disoccupata qual era. Era allora intervenuto per suggerirle di comprare alimenti di base da cuocere, ma lei aveva risposto che non poteva, perché non disponeva di una cucina, ma soltanto di un frigorifero/congelatore e di un forno a microonde.

Ci si chiede come facesse la gente nel secolo scorso e prima ancora, quando ancora non esistevano i supermercati né le multinazionali del cibo, e si è indotti a pensare che le nostre nonne passasseto gran parte del loro tempo in cucina perché non lavoravano; a quel punto si tira un sospiro di sollievo, ringraziando  chi ha inventato il congelatore o la scatoletta.

 

Ma non è vero che non lavoravano.

 

Incominciamo con lo sfatare una leggenda: le nostre ave lavoravano, eccome! Senza aspirapolvere, senza frigorifero, né frullatore e neppure vendita online le nostre nonne mantenevano case impeccabili che gestivano con pugno di ferro. Negli ambienti più benestanti l’esecuzione pratica veniva delegata al personale che però bisognava selezionare, organizzare, nutrire, alloggiare e pagare come i dipendenti di un’impresa di cui la padrona di casa era il direttore.

 

Come riuscivano a cavarsela?

 

Facile: imparavano l’organizzazione fin da piccole.

Le ragazzine imparavano a ridurre il tempo investito nei lavori di casa raggruppandoli e creando sinergie. Nelle aree rurali soprattutto, l’aiuto reciproco tra generazioni e tra vicini era e continua ad essere essenziale, sia che si tratti di riparare un tetto, sia che l’orto ci sommerga di verdure che bisogna mettere in conserva prima che vadano a male.

Oggi l’organizzazione (e gli elettrodomestici moderni) ci rendono più facile disporre di una riserva di cibo pronta o semipronta ad un prezzo molto inferiore a quello dei piatti in commercio, ma di qualità pari o superiore. Gli alleati migliori sono il frigorifero, il congelatore ed il forno (oltre al forno a microonde se si dimentica di tirare fuori le lasagne dal congelatore con il necessario anticipo).

 

Antipasti, conserve di verdura
Antipasti, conserve di verdura

 

Convenience food … alla maniera del castello

 

Una delle tecniche più efficaci per ridurre il carico di lavoro in cucina consiste nel preparare grandi quantità di cibo invece di limitarsi al numero di porzioni corrispondente a quello dei commensali: con pochi minuti in più anziché preparare uno spezzatino per due lo si prepara per sei o otto, e lo stesso vale per il minestrone, la  jambalaya, il curry di ceci o la torta di mele. Sistemate in contenitori per una o due persone capaci di passare dal congelatore al forno, le porzioni in eccesso si conservano parecchi mesi e si riscaldano in fretta. Se si rassodano otto o dieci uova due possono servire subito per guarnire un’insalata  mentre le altre rimangono in frigo in attesa di essere usate; se ne possono per esempio schiacciare due da mescolare con poca senape, succo di limone, olio e prezzemolo tritato: serviranno ad insaporire un cavolfiore bollito; altre potranno essere farcite, o affettate per guarnire una fetta di pane, con una nocciola di maionese, un filetto di acciuga, un’oliva, mezzo rapanello…

Le verdure di stagione, poi, si possono congelare. E’ vero che pulire i fagiolini non è l’attività preferita per una domenica mattina, ma perché non cogliere l’occasione per organizzare una riunione di amiche e/o amici che dopo aver lavorato tutti insieme rientrano a casa con una riserva di verdure sbollentate (o cotte), insacchettate e pronte per essere congelate … o mangiate?

Anche la conservazione in vasi di vetro è utile e si presta particolarmente per le preparazioni a base di verdure: giardiniere, caponata, peperoni farciti passano direttamente dalla dispensa alla tavola. E’ invece più delicato conservare le carni o il pesce, che richiedono una sterilizzazione a temperatura superiore che in casa si può otenere soltanto con uno sterilizzatore a pressione.

Meno grassi, meno sale, nessun conservante, la qualità desiderata e la stessa facilità d’uso a un costo inferiore: che cosa chiedere di più?

 

Cibo da strada, convenience food
Cibo da strada, convenience food

 

Una risposta su “Convenience food…”

E’ vero che si cucina sempre di meno, ricordo che quando andavo a New York di frequente i supermercati traboccavano di verdure fresche che, molto probabilmente, passavano direttamente dal banco di vendita al bidone dell’immondizia, visto che i carrelli in coda alle casse erano pieni soltanto di surgelati e scatolame. Mi sono sempre chiesta se quei meravigliosi banchi di primizie fossero messi soltanto a scopo decorativo.

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