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Capra e cavoli

 

Cavoli, soprattutto.

Perché di loro si parla, oltre che di riso.

E di foglie di vite. Spesso anche di carne. E magari di altri ingredienti, come uvetta, pinoli, erbe.

Si tratta di cucinare tutti insieme, in famiglia, stufando tutto quanto pazientemente, a lungo.

Insomma – parliamo di cavolo ripieno; e se il cavolo non è disponibile, di foglie di vite farcite. O di altre foglie.

Ma, tanto per incominciare: da dove arriva il cavolo?

 

Brassica oleracea o cavolo comuneSembra che sia originario del Sud Ovest europeo – Francia e Spagna. Lungo le coste del Mare del Nord si possono ancora trovare degli esemplari della varietà selvatica (brassica oleracea subsp. oleracea), quella da cui derivano tutte le cultivar commestibili, sia che siano a cappuccio (palla) come la verza o a foglie lunghe e separate come il cavolo nero,  sia che se ne mangi il meristema immaturo come nel cavolfiore o il fusto ingrossato come nel cavolo rapa.

 

Parassiti del cavolo: pieride cavolaiaPiù ricco in vitamina C delle arance, il cavolo si coltiva facilmente ed ha una resa eccezionale sebbene sia sensibile agli attacchi di parassiti quali la pieride, le cui larve si nutrono delle foglie prima di trasformarsi nella farfalla bianca detta cavolaia. Crudo o cotto, fa parte dell’alimentazione umana fin dall’antichità.

 

Le grandi foglie del cavolo cappuccio o della verza si prestano bene ad avvolgere farciture a volte preparate con gli avanzi, in un intento di riciclo antispreco che sta tornando di moda.  Nel Nord il cavolo cappuccio viene spesso farcito intero. Al Sud nelle pentole, spesso di coccio, sono soprattutto le foglie sbollentate a rinchiudere ripieni che variano in funzione del luogo e sostituiscono nelle altre stagioni le foglie primaverili della vite o del fico.

Molti paesi rivendicano la paternità di queste preparazioni che si ritrovano un po’ ovunque attorno al Mediterraneo (e non solo). Definite a volte «ripiene» (tolma, dolma), altre «avvolte» (sarma, sarmale), la verità è che hanno un’origine tanto lontana che in realtà non si sa dove siano nate.

 

Sarmale, foglie di cavolo farcite.

Le sarmale

 

Piatto nazionale rumeno, le sarmale fanno discutere gli storici garstronomici da tempo. Alcuni le fanno risalire al thrion, piatto noto ai Greci antichi in cui le foglie di vite avvolgevano cervella e formaggio. Quando il re dei Daci Burebista aveva fatto estirpare tutti i vigneti per evitare che i suoi soldati si facessero cogliere dagli attacchi nemici con lamente annebbiata le foglie di cavolo avevano sostituito quelle di vite, aprendo la via ad altri cambiamenti che pare abbiano dato origine alla versione odierna. Altri, tra cui il geografo greco Strabone, suggeriscono che fosse un sotterfugio per aggirare il divieto di consumare carne imposto dal dio dacico Zalmoxis: poiché la carne era invisibile, in quanto avvolta nelle foglie di cavolo, Zalmoxis non ne sarebbe stato offeso.

Certi storici le fanno risalire all’esicia omentata (polpetta avvolta nella retina di maiale) descritta dal romano Apicio nel suo  De re coquinaria o all’holishkes (cavolo farcito) degli ebrei romanioti.

La teoria più largamente condivisa fa risalire le sarmale alla dominazione ottomana, tra il XIV  ed il XVIII secolo; quindi ad un’epoca abbastanza recente. Dal lato loro gli ottomani avevano subito ogni sorta di influenze, da quella greca alla bizantina, all’araba, alla fenicia, all’ebraica … perfino all’europea.

Se non fosse ancora chiaro: è impossibile stabilire con certezza dove siano nate le sarmale.

In Romania, diversamente da altri paesi in cui fanno parte degli antipasti, sono considerate un piatto principale da servire in ogni occasione; senza di loro non vi sarebbero veri matrimoni, né pranzi festivi, né riunioni di amici, né pranzi di famiglia, e neppure funerali.  Accompagnate dalla mamaliga, la polenta in versione carpatica, vengono servite con l’eccellente (e assai calorica) panna acida: la smântâna.

 

Pentola tipica in coccio per la preparazione delle sarmale

 

Sono stufate a lungo in una pentola (tradizionalmente di coccio) su un letto di cavoli affettati, insieme a cipolla e a pancetta affumicata. Possono essere piccole come in Moldavia e nella parte meridionale del paese o il più grandi possibile come in Transilvania, farcite di riso e maiale, carne mista, agnello (o pesce lungo la costa); c’è addirittura una festività in cui il riso è l’unico ingrediente del ripieno .

Durante la dittatura di  Ceausescu era così difficile trovare la carne o il cavolo in salamoia che ci si arrangiava con una farcitura di riso e salame tritato (per lo più un surrogato di salame) avvolta in foglie di tiglio, mentre le sarmale «vere» erano riservate alle feste importanti ed ai matrimoni: a volte occorrevano mesi prima di riuscire a mettere insieme tutti gli ingredienti.

Se il cavolo in salamoia fa la parte del leone per avvolgere il ripieno, in stagione sono apprezzati anche altri tipi di foglie: cavolo fresco, foglie di vite, porri, spinaci, acetosella…

In certe aree come la Bucovina le sarmale sono declinate in serie di cinque, ciascuna preparata con foglie e carni diverse, e servite tutte insieme in una grande foglia di cavolo.

Alle fermate dei minibus chiamati maxi-taxi, che collegano le città e le province, non è raro vedere, la domenica sera, dei giovani carichi di grandi pentole: sono gli studenti che sono andati a casa per il fine settimana e tornano al campus con le sarmale che dovranno nutrirli per tutta la settimana…